Un nuovo paradigma educativo tra inclusione, merito e digitale / A new educational paradigm between inclusion, merit and digital

VOLUME I

NUMERO 1

ANNO III Gennaio/Giugno 2022

ISSN 2705-0351 (online)

Introduzione
di Paolina Mulè

Riflettere oggi sulla costruzione di un nuovo paradigma educativo tra inclusione, merito e digitale è un nodo centrale dello scenario del Terzo Millennio. In questo senso, la scuola dell’autonomia ha oggi la possibilità e gli strumenti per ristabilire il corretto equilibro tra governance, didattica e progetto culturale per costruire una scuola inclusiva e, di riflesso, una società inclusiva. Il paradigma nuovo dell’inclusive Education rappresenta la cornice teorica di riferimento attraverso cui si può generare una
scuola democratica, più giusta ed equa, in quanto ad ogni studente si offre la possibilità di sviluppare le potenzialità residue per trasformarle in abilità e competenze disciplinari, tecnico-professionali e trasversali. In questo senso, sottolinea Mulè che «la scuola dell’autonomia può promuovere il welfare
culturale dando valore al patrimonio artistico, culturale presente nei musei, che devono diventare delle vere e proprie aule didattiche decentrate per tutti e per ciascuno. Di conseguenza avverte la necessità di riflettere sull’importanza del museo sensoriale per promuovere inclusione e valorizzare le differenze» (Infra, pag. 6 ). Il saggio intende presentare parte della ricerca Piaceri VisInMusA nella quale si focalizza l’attenzione sull’importanza dei musei multisensoriali per promuovere inclusione. In questo senso, «la scuola dell’autonomia può promuovere il welfare culturale dando valore al patrimonio artistico, culturale presente nei musei, che devono diventare delle vere e proprie aule didattiche decentrate per tutti e per ciascuno. Di conseguenza avverte la necessità di riflettere sull’importanza del museo sensoriale per promuovere inclusione e valorizzare le differenze. Il museo multisensoriale si fonda su attività, di carattere multisensoriale, che hanno lo scopo ultimo di stimolare ed
emozionare i partecipanti attraverso l’uso di diversi canali sensoriali oltre all’osservazione visiva, con particolare riferimento all’esperienza tattile, all’uso di linee guida con audio e video, nonché a metodo di narrazione creativa. Questa nuova mentalità ha comportato un allontanamento dai paradigmi visivi per sfruttare il potenziale dell’esperienza multisensoriale, al fine di promuovere l’inclusione e il riconoscimento dei diritti di tutti. Le soluzioni multisensoriali sembrano essere più promettenti per tutte le categorie di persone, ed in particolare per i soggetti con disabilità visiva. Queste soluzioni multisensoriali, che hanno lo scopo di migliorare l’interazione tra tutte le categorie di visitatori e le opere d’arte, si basano su materiali multisensoriali. Per questo motivo si potrebbe dire che ad oggi
le responsabilità del mondo dei musei vanno ben oltre la tradizionale missione di conservazione e ricerca. Oggi il museo è un produttore di emozioni estetiche e un mediatore interculturale, in quanto
contribuisce a sviluppare il dialogo tra le culture e le persone promuovendo welfare sociale e culturale» .
A tal proposito, interessante appare la disamina di Garraffo sulla disabilità visiva proponendo la loro inclusione. «La disabilità visiva rientra tra le disabilità sensoriali ed è stata riconosciuta dalla Legge n.138 del 3 aprile 2001 che definisce principalmente due parametri che sono l’acuità visiva, ossia la nitidezza nella percezione visiva, e il campo visivo, che è l’ampiezza dell’area percepita dai due occhi. Le persone con disabilità visiva, per moltissimo tempo non sono stati riconosciuti e valorizzati nella
loro diversità. Esse sono state considerate emarginate dalla vita politica, sociale, culturale, educativa e formativa. Con l’invenzione del codice Braille, le persone non vedenti hanno avuto modo di poter affermare la loro dignità di uomini e chiudere un’epoca, quella dell’esclusione e aprire la strada alla
faticosa avanzata verso l’inclusione sociale. L’inclusione, è da intendersi come un impegno forte di conoscenza e di valorizzazione della realtà personale, sociale e familiare di ciascuna persona con disabilità visiva. Il suo ruolo è fondamentale non solo per ricevere un’istruzione, ma anche per lo sviluppo della personalità. Conoscere lo sviluppo psicologico del bambino non vedente e come sviluppare i restanti sensi (sensi vicarianti) ha permesso di poter intervenire pedagogicamente e didatticamente per raggiungere il successo formativo» (Infra, pag. 27) in ottica inclusiva. Nell’analisi di questo nuovo paradigma si colloca il contributo di Gulisano, la quale «tenta di riassume gli obiettivi dello studio e l’analisi dei dati emersi dall’utilizzo del focus group in uno studio di caso empirico condotto con alcuni giovani studenti del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Catania sulla partnership pedagogica talento-inclusione-progettualità personale e professionale, al fine di avere una panoramica ampia delle rappresentazioni, anche indirette, della generazione definita Millennials e Post Millennials» (Infra, pag. 55).
Il contributo di Annino ha l’intenzione, invece, «di soffermarsi su alcuni aspetti relativi alla gestione dei new media e del digitale nella didattica e sulle conoscenze a competenze dei discenti in materia.
Considerata la grande diffusione delle nuove tecnologie, vi sono potenzialmente delle criticità che emergono dalla vita associata, ove la pervasività di condivisioni del privato appalesa la necessità
di un percorso di educazione per riaffermare e promuovere i valori dell’indipendenza di pensiero, dell’agire responsabile e competente in prospettiva della vera partecipazione democratica» (Infra, pag. 61).
Il rapporto inclusione e digitale per esplorare le potenzialità inespresse e i talenti di coloro che hanno dei disturbi specifici d’apprendimento viene indagato, infine, in ordine alla loro riabilitazione educativa e sociale nel contributo di Perciavalle, secondo cui «L’iter di apprendimento può essere mediato in modo incisivo e produttivo grazie all’impiego delle nuove tecnologie, non soltanto presenti, in numerosi strumenti compensativi, ma anche in una nuova frontiera della riabilitazione, la teleriabilitazione. Essa è una specifica tipologia di supporto e assistenza a distanza, che individuando ed integrando i vari strumenti tecnologici disponibili, seleziona quelli maggiormente indicati a progettare un iter riabilitativo, al fine di potenziare l’inclusione e di migliorare complessivamente la qualità di vita della persona con DSA. La teleriabilitazione è stata particolarmente impiegata negli ultimi
anni in conseguenza dell’emergenza pandemica da COVID-19. Durante il periodo di restrizione del lockdown, le principali agenzie educative si sono interrogate, visto l’obbligo del distanziamento, sulla possibilità di continuare a garantire prestazioni riabilitative, scegliendo quindi la modalità a distanza, vista l’importanza della continuità e del monitoraggio attivo negli interventi psicoeducativi degli studenti con DSA» (Infra, pag. 68)

La professionalità dell’insegnante specializzato in prospettiva europea. The professionalism of the specialized teacher in a European perspective.


Volume 2
Numero 2
Anno II Luglio/Dicembre 2021
ISSN 2705-0351 (online)

Introduzione/ Introduction

di Paolina Mulè (Ordinario di Didattica e Pedagogia speciale, Università degli Studi di Catania)
La continua trasformazione del sistema formativo e dei relativi cambiamenti paradigmatico-interpretativi della società odierna, definita liquida nella sua iper-complessa sistematicità (Bauman, 2011; Maturana, Varela, 1985), ha sicuramente condizionato nel tempo, a più livelli e in più ambiti di riflessione, le strutture portanti dell’intera ricerca didattico-pedagogica, approdando a nuove visioni e a nuovi, più contestuali e radicati modelli d’interpretazione e di analisi del profilo e dell’agire professionale del docente specializzato, che diventa così l’elemento privilegiato su cui focalizzare nuove prospettive di studio e di ricerca.
A tal fine, già nel 2007 la Commissione Europea, in un documento dal titolo Communication from the Commission to the Council and the European Parliament. Improving the Quality of Teacher Education (European Commission, 2007) realizzava una dettagliata analisi dello stato dell’arte della condizione docente in Europa e metteva in evidenza che la professione del docente, se ispirata dai valori dell’inclusione e dal bisogno di nutrire i talenti di tutti gli studenti, può avere una profonda influenza sulla società e giocare un ruolo vitale nell’avanzamento e nella formazione delle future generazioni (Cottini, 2019).
Lungo questa direzione si arriva a definire un quadro di competenze necessarie per svolgere un’azione tanto complessa, quanto fondamentale (European Commission, 2007, p. 14): • identificare le esigenze specifiche di ciascuno studente e rispondere a queste esigenze con un’ampia gamma di strategie didattiche;
• sostenere lo sviluppo dei giovani affinché diventino discenti pienamente autonomi in tutto
l’arco della loro vita;
• aiutare i giovani ad acquisire le competenze elencate nel Quadro comune europeo di
riferimento sulle competenze;
• lavorare in contesti multiculturali;
• lavorare in stretta collaborazione con colleghi, genitori e comunità in senso lato;
• acquisire, sviluppare e utilizzare competenze manageriali;
• acquisire e sviluppare competenze in ordine al Progetto di vita.
In questa prospettiva, il numero di “Educrazia. Rivista di riflessione pedagogiche e didattiche” dedica un approfondimento speciale agli aspetti epistemologici, metodologico-didattici e organizzativi del docente specializzato in una scuola post-Covid 19 proiettata al ‘2030 di “tutti e di ciascuno”.
A tal fine, lungo questa direzione si pone il contributo di Daniela Gulisano che «tenta di approfondire l’approccio delle Capability applicato alla disabilità, nella scuola e nella società di “tutti e di ciascuno”, che consenta ad ogni soggetto-persona di scoprire il valore di se stesso, di sviluppare il senso
dell’autodeterminazione e di acquisire le capacit-azioni e le competenze per costruire e ri-costruire la propria adultità e il proprio progetto di vita» (infra, p. 7).
Alessio Annino, invece, vuole «soffermarsi su alcuni aspetti del delicato ruolo dei docenti all’interno della scuola del cambiamento, soprattutto considerando la fondamentale sinergia tanto con le famiglie, quanto con il territorio, in relazione alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali, alla funzione dei new media e del digitale nella didattica e alle motivazioni reali dei discenti all’apprendimento e alla formazione in qualità di futuri cives» (infra, p. 13).
In questo senso è indispensabile, come dichiarano Carolina Leva, Fiorina Caputo e Antonietta Peluso nel loro contributo, «guidare gli studenti a capire e apprezzare i diritti umani in modo da renderli adulti consapevoli. Le scuole hanno un ruolo prioritario in quanto dovrebbero sviluppare strategie di educazione alla cittadinanza, inserendo attività ad hoc in ogni curricolo e garantendone la piena attuazione» (infra, p. 18).
Inoltre, l’inclusione per realizzarsi ha bisogno, come abbiamo sopra evidenziato, di forti competenze metodologico-didattiche, per questo Maria Luisa Boninelli nel suo contributo afferma che: «attraverso il gioco, i bambini imparano, acquisiscono nuovi contenuti, controllano le loro emozioni, costruiscono relazioni con gli altri e imparano a conoscere la realtà che li circonda. Alla base del gioco c’è la motivazione che stimola i bambini a sperimentare ed acquisire competenze che in altri contesti non sarebbero di loro interesse, per tale ragione esso non dovrebbe mai mancare nell’attività educativa e cognitiva» (infra, p. 24).
Anche il saggio di Valentina Perciavalle riflette sull’inclusione attraverso il gioco. Partendo dalla riflessione sul progetto “Cartoon Able” ed in particolare sui criteri inclusivi adottati e sul viaggio che i bambini compiono nell’immaginario infantile, si presenta l’illustrazione di un personale progetto educativo inclusivo – “La Libellula racconta storie”-, pensato con il supporto di una revisione sistematica del 2007 del centro EBE What Work Clearinghouse sulla “Dialogical Reading” e di competenze acquisite durante l’esperienza di tirocinio, al fine di agire l’inclusione nella prima infanzia (infra, p. 29).
Essenziale, a questo proposito e focalizzare l’attenzione anche sulle politiche di coesione dell’Unione Europea, le quali sostengono, come afferma la Romito «l’inclusione come volano di crescita economica e sviluppo sociale, incoraggiando i decisori politici e i leader del settore privato a sostenere modelli di crescita inclusiva, che diano priorità al benessere delle persone. Le politiche educative di altre organizzazioni internazionali (ONU, UNESCO, Consiglio d’Europa, OCSE) riconoscono il diritto umano all’educazione e promuovono un’istruzione di qualità per tutti, secondo un principio di giustizia sociale e con l’obiettivo di realizzare l’uguaglianza sostanziale. È per questo che uno dei settori di sviluppo e degli itinerari di ricerca più attuali in campo educativo è rappresentato dall’inclusione
scolastica, essendo la scuola la prima cellula sociale, con particolare riferimento al ruolo centrale del docente sostegno non solo come mediatore ma anche come figura di sistema» (infra, p. 45).
Il ruolo del docente specializzato prevede, come dichiarano le autrici Casella e Varcasia, «il possesso di specifiche competenze, che sono necessarie, in un clima sinergico con il contesto scolastico, e territoriale di riferimento , per il successo formativo di tutti e ciascuno nessuno escluso, per una scuola inclusiva e democratica. Il confronto con il profilo del docente con alcuni profili di paesi europei, può rappresentare una riflessione, verso una condivisione e lo scambio di buone prassi tra I sistemi educativi europei». (infra, p. 55)
Come afferma De Carlo, «la presenza dell’insegnante di sostegno a Scuola è preziosa perché sostiene il cammino di piccoli e grandi discenti nativi digitali e/o millennials, che hanno il diritto, con tutta la loro unicità e originalità, di vivere al pari dei loro coetanei […] Molti i passi fatti per realizzare “una scuola per tutti e per ciascuno” (Dichiarazione di Salamanca), ma c’è ancora tanto da fare perché l’educazione non è statica ma dinamica, cammina con le esigenze storiche-culturali, con i cambiamenti di una società sempre più complessa ma anche con una tecnologia ricca di strumenti che facilitano e migliorano la mission educativa» (infra, p. 64)
Segue il contributo di Assunta Trotta, circa il confronto e analisi tra il “modello inclusivo” Italiano e quello Inglese. L’autrice dichiara che «il sistema didattico inclusivo, che sfrutta anche l’utilizzo delle TIC e che è frutto di circa quarant’anni di sperimentazione, si adatterebbe bene a quello inglese, promuovendo il successo formativo di tutti gli studenti, non solo dei disabili. Il sistema didattico inglese, infatti, sta diventando sempre più inclusivo. Molti sono stati gli investimenti del Governo sulle ICT. In questo articolo si cercherà di dimostrare questa ipotesi, senza pretese di universalità. Sarà presentato, inoltre, un esempio di modello inclusivo» (infra, p. 68). In linea con quanto detto, in conclusione Boninelli analizza come, tramite il metodo Feuerstein «la teoria della modificabilità cognitiva descrive il processo di apprendimento reso possibile grazie all’interazione dei neuroni specchio con l’ambiente, attraverso lo sviluppo di competenze conoscitive, strategie necessarie per l’apprendimento stesso» (infra, p. 73)
Segue il contributo di Andrea Cirolia che focalizza alcuni aspetti tradizionali della didattica dell’apprendimento primario, analizzando il Kamishibai come strumento di narrazione delle immagini, associato all’innovazione e ad un ambiente di apprendimento digitale. In questa prospettiva la didattica
può contribuire al miglioramento dell’offerta formativa di ogni istituzione scolastica, allo sviluppo
della creatività del bambino e al potenziamento dell’inclusione scolastica (infra, p. 82).

Bibliografia
Bauman Z. (2011). Modernità liquida. Roma: Laterza.
Commissione Europea. (2007). Communication from the Commission to the Council and the European Parliament. Improving the Quality of Teacher Education. Bruxelles.
Dainese R. (2016). Le sfide della pedagogia speciale e la didattica per l’inclusione. Milano: Franco Angeli.
Mulè P., De Luca C. (ed) (2021). Scuola, dirigenti scolastici e docenti curricolari e di sostegno al tempo del Cocid-19. Lecce: Pensa Multimedia

La scuola inclusiva ai tempi del Covid

La scuola inclusiva ai tempi del Covid.
The inclusive school in the time of covid.

Volume 1
Numero1
Anno II Gennaio/Giugno 2021
ISSN 2705-0351 (online)

Introduzione
La scuola inclusiva tra problemi e prospettive
Introduction
The inclusive school between problems and perspectives
di Paolina Mulè

La scuola inclusiva si genera attraverso un’adeguata formazione dell’insegnante inclusivo. Ne consegue, la centralità della formazione dell’insegnante inclusivo che deve lavorare in team con l’insegnante specializzato per una scuola più equa, inclusiva e giusta, evidenziando un profilo culturale e professionale di nuovo insegnante che debba essere proposto nei futuri corsi di laurea ma anche nei Corsi di formazione in servizio dei futuri insegnanti di qualsiasi ordine e grado di scuola, in quanto oggi l’insegnante, rispetto al passato, deve esprimere specifiche competenze organizzative che possano collegarlo meglio con il lavoro del dirigente scolastico (Cfr. Mulè, De Luca, Notti, 2019) e, anche, con il
grande tema ancora da esplorare compiutamente della “educazione alla genitorialità” (Pati, 2019). Il profilo dell’insegnante inclusivo rappresenta, quindi, un “centro di annodamento” di diversi interessi e prospettive culturali e politiche. Egli deve essere ora più che mai un professionista delle scienze dell’educazione, delle didattiche e delle metodologie e, soprattutto, un progettista della formazione unica e irripetibile di ogni studente e, soprattutto, deve esprimere specifiche competenze empatiche e di autoriflessione sulla propria professionalità e personalità (Cfr. Schon, 1999). Tale profilo culturale e rofessionale dell’insegnante inclusivo deve essere adattato al target di riferimento in base all’ordine e grado di scuola: Infanzia, Primaria, Secondaria di I e di II grado, superando una visione
individualista verso una comunitaria e cooperativa.
Da questa disamina e da questo numero della rivista emerge la necessità di un percorso formativo che integri, conoscenza, progettualità sul campo, la riflessione su di essa e l’analisi di pratiche. Ciò implica quindi un’attenta riflessione sulle basi disciplinari, sui contenuti specifici, sull’atteggiamento scientifico dell’insegnante, sulle azioni metodologico-didattiche, sulle modalità di valutazione per un’adeguata formazione iniziale ed in servizio degli insegnanti inclusivi dei diversi ambiti disciplinari, soprattutto ai tempi del Covid- 19 e post Covid- 19. Essenziale è, quindi, ridefinire il rapporto di comunicazione inteso come interazione, relazione e affettività: il rapporto insegnamento/apprendimento deve diventare un dialogo educativo, in cui il docente e gli alunni interagiscono al fine di realizzare un progetto comunicativo comune. In questa prospettiva, un ruolo centrale dovrà avere il Dirigente scolastico che dovrà addivenire il garante del processo d’inclusione a scuola e nelle classi attraverso un nuovo patto formativo nella scuola dell’autonomia tra insegnante inclusivo e specializzato attraverso la costruzione di spazi di incontro,
di confronto. Il dirigente scolastico oggi deve essere il mediatore tra la governance e la didattica, tra l’organizzazione gestionale della scuola e le varie istanze del mondo esterno. Questa mediazione, organizzativa e progettuale al tempo stesso è legata all’equilibrio tra govenance e didattica. La didattica intesa come gestione della contitolarità e collegialità degli insegnanti che devono progettare la formazione di tutti e di ciascuno in prospettiva bio-psicosociale, per il benessere esistenziale e migliorare la qualità della loro vita. In questa prospettiva l’insegnante con orientamento scientifico può definire nell’ambito delle trasformazioni del modello di scuola, un nuovo equilibrio epistemologico e culturale tra governance, didattica e, quindi, può determinare un concreto ripensamento della scuola dell’autonomia. L’insegnante inclusivo può diventare in futuro un “centro di annodamento” delle questioni più significative della scuola dell’autonomia e contribuire alla progettazione di una scuola……….

Clicca qui

Primo numero della Rivista

VOLUME I

NUMERO 1

ANNO I Luglio/Dicembre 2020

ISSN 2705-0351 (online)

L’INCLUSIONE FORMATIVA E SOCIALE

PER UNA SCUOLA PIÙ GIUSTA ED EQUA. QUESTIONI E PROSPETTIVE PEDAGOGICO-DIDATTICHE

Educational and social inclusion for a fairer and fairer school. Pedagogical and educational issues and perspectives

Introduzione

L’inclusion Education: la via per il futuro

Introduction. Inclusion Education: the way to the future

Paolina Mulè

University of Catania

La letteratura scientifica ma anche i Congressi nazionale ed internazionali mostrano, negli ultimi venti anni, la necessità di chiarire il focus dell’educazione inclusiva, riflettendo su una riforma educativa più ampia, partendo da una agenda globale. In questa direzione si muove la nuova Agenda Europea sui Diritti delle Persone con disabilità 2020-2030 che ci mostra l’elenco di leggi, programmi e azioni che guideranno appunto per i prossimi dieci anni le politiche dell’Unione in tema di diritti delle persone con disabilità, coincidendo con una serie di impegni precisi, da perseguire con adeguate risorse. E in previsione di tale fondamentale passaggio, il Forum Europeo sulla Disabilità ha elaborato un documento contenente tutte le istanze da perseguire, a breve e lunga scadenza per evitare qualsiasi forma di discriminazione che purtroppo sono ancora presenti a livello planetario. Ciò implica la necessità di riflette ancora una volta sui processi d’apprendimento e d’insegnamento, sulle competenze del docente inclusivo, sulle pratiche didattiche inclusive, sulle strategie di intervento nei vari contesti scolastici e non, secondo il modello teorico dell’Inclusive Education, che diventa un vero e proprio atto di indirizzo per tutti gli operatori educativi e sociali in materia di istruzione e formazione.

Lungo questa direzione si muove il contributo di Paolina Mulè, la quale «prendendo in prestito i quattro pilastri dell’educazione di Delors, riflette su alcune competenze essenziali che il docente deve possedere: il sapere, che si riferisce alla competenza disciplinare; il saper fare riguarda la competenza didattica intesa come padronanza metodologica nell’ambito della didattica generale e nella didattica disciplinare. Il saper stare insieme che chiama in causa la competenza relazionale intesa come padronanza nella gestione e controllo di dinamiche di comunicazione e socializzazione non solo in classe con gli studenti ma anche con i colleghi. Il saper essere che richiama la competenza deontologica volta a tutelare i soggetti educandus unici, singolare ed irripetibili. Il saper essere e il saper stare insieme sono pilastri essenziali che consentono al docente di attivare una riflessione continua sulla sua professionalità fondata su un’analisi retrospettiva della propria identità, sulle proprie aspettative, sulle proprie necessità di formazione, sul suo riconoscimento sociale ed educativo, nonché deve imparare a collaborare con gli altri colleghi, superando così quell’isolamento professionale centrato sull’idea che un  docente debba risolvere i problemi didattici, educativi e formativi di tutti e di ciascuno