ANNO VI Gennaio/Giugno 2025
ISSN 2705-0351 (online)
Didattica inclusiva e Bes. Innovazione, modelli e strumenti. Inclusive teaching and BES. Innovation, models and tools.
Introduzione / Introduction
Piste di ricerca per una didattica inclusiva e BES/Research avenues for inclusive teaching and special educational needs
Paolina Mulè
Ordinario di Didattica Generale e Pedagogia Speciale
Università di Catania
Questo numero Didattica inclusiva e Bes. Innovazione, modelli e strumenti/Inclusive teaching and BES. Innovation, models and tools raccoglie contributi di numerosi studiosi di ambiti disciplinari diversi che riflettono ora su questioni di natura prettamente teorica, ora di natura metodologica e ora di natura sperimentale. Per quanto riguarda la dimensione teorica, il presupposto di fondo è il modello teorico dell’inclusione come atto di indirizzo in materia di istruzione e formazione che consente agli studiosi di attivare una progettazione universale (UDL) per attivare processi di apprendimento in contesti educativi più equi e giusti. La valorizzazione delle differenze si sviluppa attraverso la costruzione di curricoli inclusivi in cui gli obiettivi degli alunni BES da raggiungere si avvicinano agli obiettivi del curricolo di classe attraverso adattamenti mirati e l’uso di “facilitatori” e particolari strumentazioni, partecipando ad una cultura del compito nuova. Ciò produce un impatto sulla percezione del benessere scolastico da parte degli alunni ma anche degli insegnanti. Ne consegue che la scuola deve trasformarsida scuola-apparato in scuola-servizio: essa non può più essere vista solo come un’azienda produttrice di competenze, ma come luogo di incontro tra persone, le più svariate e perciò stesso deve dar vita ad un’esperienza complessa di educazione in termini di promozione umana e sociale, deve potenziare il proprio progetto educativo, elevare la qualità dei processi di scambio quotidiano tra i giovani, intensificare il rapporto socio-affettivo interno tra tutte le figure che si trovano ad interagire dentro il sistema per creare un clima che sia caratterizzato da ricchezza relazionale e operosità efficace e costruttiva.Si tratta di: a) aiutare gli alunni a capire e valorizzare se stessi; b) creare in classe un’atmosfera empatica; c) strutturare un’interdipendenza positiva tra i compagni stessi e tra questi e gli insegnanti. Già Canevaro, sosteneva che il «Rapporto tra disagio e benessere non è stabile, passa attraverso la conquista dell’autostima e del riconoscimento di un’immagine positiva anche nel soggetto che si presenta come debole, come incapace di star bene […] e quindi l’accettazione di sé è necessariamente collegata ad un riconoscimento delle proprie potenzialità, delle proprie capacità, delle proprie competenze». Il benessere scolastico si sviluppa attraverso una pianificazione avanzata da una comunità di docenti che riflettono continuamente sul proprio agire professionale e situano quotidianamente in classe pratiche didattiche in co-teaching e con l’applicazione delle tecnologie digitali che appaiono correlati positivamente con livelli più elevati di inclusione percepita e con l’efficacia didattica. In questo senso, la progettazione universale dell’apprendimento offre un quadro teorico e operativo per progettare attività di ambiti disiplinari diversi (scienze motorie, musica, matematica ecc.) che alcuni autori analizzano per rispondere alle esigenze di tutti gli alunni, valorizzandone potenzialità, stili di apprendimento e cognitivi. Sul piano metodologico e didattico, interessanti appaiono le pause attive «percepite come strumento efficace per offrire una didattica flessibile, favorire l’interazione tra pari e ridurre, seppur parzialmente, barriere alla partecipazione, in particolare per alunni e alunne con BES e anche con ADHD. I risultati offrono spunti concreti per una didattica della matematica più inclusiva, attiva e sostenibile» (Infra, p. 34). Mentre, il Makey Makey si è rivelato un mediatore didattico efficace, capace di promuovere contesti di apprendimento inclusivi, coerenti con i principi dell’Universal Design for Learning. «I risultati indicano che il dispositivo ha agito da catalizzatore relazionale, stimolando l’interazione tra pari e facilitando la produzione linguistica attraverso attività ludico-musicali condivise» (Infra, p. 60).
Per quanto riguarda la dimensione metodologica in questo numero si sviluppa il tema delle competenze didattiche e valutative degli insegnanti in formazione, collocandosi nel più ampio dibattito sulla qualità dell’insegnamento e sulla centralità del ruolo del docente per il successo formativo e il benessere degli studenti. «La valutazione si configura non come un atto puramente certificativo, ma come parte integrante della pratica educativa: un dispositivo capace di orientare l’azione didattica, promuovere equità e stimolare la partecipazione consapevole degli studenti» (Infra, p. 71). In questo senso, si «ribadisce la necessità di una formazione evidence-based che sappia coniugare dimensione teorica, riflessione critica e applicazioni concrete, con l’obiettivo di formare docenti preparati ad affrontare la complessità scolastica e garantire opportunità educative di qualità per tutti» (Infra, p.106).
Si esplora anche il potenziale del Modello di Apprendimento Autodeterminato (SDLMI) «come strumento per l’apprendimento interattivo basato su un’educazione personalizzata e incentrata sullo studente. Poiché l’SDLMI mira a sviluppare capacità di autoregolamentazione e di problem-solving, il processo di insegnamento-apprendimento dà priorità al coinvolgimento attivo degli studenti per prepararli alle sfide di un mondo in continua evoluzione» (Infra, p. 118).
Anche le attività laboratoriali di matrice teatrale, hanno favorito lo sviluppo di competenze trasversali, quali l’empatia, l’ascolto attivo, la creatività e la gestione della complessità, evidenziando il potenziale trasformativo delle metodologie attive nella costruzione di ambienti di apprendimento inclusivi. «I risultati preliminari suggeriscono come l’integrazione di tali pratiche nel percorso formativo dei futuri insegnanti possa costituire una leva strategica per innovare la didattica in chiave inclusiva, sviluppare professionalità maggiormente consapevoli, riflessive ed efficaci nella presa in carico delle specificità degli studenti» (Infra, p. 129).
Lunga questa direzione, si colloca anche la costruzione di ambienti virtuali fruiti da tutti e da ciascuno. «Il processo di co-progettazione volto alla realizzazione di una sala museale virtuale. La fase di prototipazione si è basata sulla scansione 3D di quattro reperti archeologici: un guttus e un vasetto per profumi provenienti dal Museo Civico Archeologico di Carife, insieme a due crateri a figure rosse conservati presso il Museo Archeologico Nazionale del Sannio Caudino di Montesarchio. La piattaforma tecnologica impiegata per lo sviluppo è il motore grafico Unity3D, ampiamente riconosciuto nell’ambito dell’industria videoludica. La prima versione del museo virtuale include un edugame, fruibile tramite dispositivi di input tradizionali (joypad o mouse e tastiera) oppure attraverso il visore Meta Quest (disponibile al seguente indirizzo: www.labh.it/disuff/download). Inoltre, i singoli oggetti digitali sono resi disponibili per la stampa 3D o per l’integrazione in altri ambienti videoludici a finalità didattiche. La ricerca dimostra non solo la fattibilità dell’integrazione di asset digitali nei contesti educativi museali, ma propone anche un modello replicabile per istituzioni interessate alla digitalizzazione del proprio patrimonio culturale attraverso un approccio inclusivo e partecipativo» (Infra, p. 170).
Un altro contributo interessante è offerto da un modello pedagogico inclusivo che riconfigura la stanza Snoezelen quale spazio educativo universale, superando la sua tradizionale funzione clinico-terapeutica per restituirle una valenza formativa e relazionale accessibile a tutti. Il corpo diviene vettore epistemico e dispositivo di mediazione affettiva, sensoriale e cognitiva. «Il contributo intende restituire alla comunità scientifica una prassi replicabile e fondata, che inscrive l’ambiente Snoezelen nel quadro epistemologico dell’Inclusive Education for All, delineando una scuola capace di accogliere la complessità dei soggetti e di promuovere benessere, equità e appartenenza» (Infra, 189).
Da un punto di vista sperimentale, interessante appare l’indagine degli atteggiamenti degli insegnanti di ogni ordine e grado, curricolare e di sostegno, rispetto all’educazione dei bambini e ragazzi con plusdotazione. Gli atteggiamenti degli insegnanti condizionano notevolmente l’apprendimento degli studenti e possono configurarsi come barriere o facilitatori. Si presenta nella ricerca presentata «la validazione italiana della scala “Attitudes Towards Gifted Education” (ATGE) originariamente creata per il contesto finlandese (Laine et al., 2019). Questo tema è poco indagato e diffuso in Italia ma risulta di grande attualità perché collegato alle concezioni che gli insegnanti hanno delle elevate capacità, del talento, dell’intelligenza, ma anche, nello specifico di questa scala, dell’inclusione di questa popolazione di studenti» (Infra, p. 285),
Parimenti, in un altro contribusto i principi cardine dell’inclusione sono strettamente connessi con gli approcci narrativi dell’educazione, proponendo una riflessione critica sull’uso delle tecnologie digitali per favorire il processo inclusivo. Si analizzano «le potenzialità degli albi digitali nel promuovere competenze socio-emotive, abilità comunicative e processi di partecipazione condivisa, ponendo l’accento sulla narrazione come pratica generativa di significati e di legami comunitari. L’analisi intende offrire spunti per la progettazione di percorsi educativi che, attraverso il narrare digitale, rendano la scuola dell’infanzia un ambiente maggiormente accogliente, partecipativo e sensibile alla valorizzazione delle differenze in ottica inclusiva» (Infra, p. 360).
Ancora una volta, in un altro contributo si dimostra che le tecnologie, quando adeguatamente integrate dall’insegnante con le strategie didattiche e con i modelli pedagogici, possono offrire un significativo contribuito nel migliorare la qualità dell’apprendimento nelle varie discipline. Esse possono essere impiegate con successo anche nell’ambito della didattica inclusiva, come facilitatori dell’apprendimento per gli studenti con Bisogni Educativi Speciali. Si approfondisce «l’efficacia della sintesi vocale come strumento compensativo di tipo tecnologico in grado di trasformare un compito di lettura in un compito di ascolto, facilitando l’apprendimento scolastico degli studenti con dislessia e promuovendo il diritto all’istruzione garantito per tutti gli studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento attraverso la legge 170/2010» (Infra, p. 368).
In un altro studio si indaga l’impiego della Comunicazione Aumentativa Alternativa all’interno di contesti scolastici, con l’obiettivo di valutare il potenziale di tale strumento non solo quale risorsa specifica per studenti con Bisogni Comunicativi Complessi ma anche come facilitatore dell’interazione e dell’apprendimento per l’intero gruppo classe. «A tal fine, è stato condotto un focus group, coinvolgendo sei insegnanti di scuola primaria che, nella propria pratica didattica, integrano sistematicamente la CAA, al fine di raccogliere dati qualitativi relativi a esperienze, percezioni e strategie inclusive adottate» (Infra, p. 387).
Infine, un altro tema indagato è il ruolo della motivazione nei percorsi di inclusione scolastica degli alunni con bisogni educativi speciali (BES). In particolare, si approfondisce il contributo dell’Universal Design for Learning (UDL) nella sua versione 3.0 come quadro pedagogico in grado di integrare la dimensione motivazionale nella progettazione curricolare. «Viene proposta una lettura della motivazione come costrutto dinamico, situato e relazionale, centrale nei processi di apprendimento e nella prevenzione della dispersione scolastica. Attraverso il confronto con la normativa italiana (Legge 22/2025) e con la letteratura internazionale, si sottolinea la necessità di ambienti formativi flessibili, culturalmente rilevanti e capaci di attivare engagement autentico. L’insegnante, in questo contesto, assume il ruolo di mediatore di senso e promotore di partecipazione» (Infra, p. 495).
In definitiva, questo numero propone ricerche variegate riscontrate concretamente nei contesti educativi mostrando in gran parte delle volte un’attenzione alla progettazione di curricoli inclusivi centrati sulla motivazione, sul favorire i processi di apprendimento e di realzione nella prospettiva di una scuola più equa e giusta, trasformativa e capace di valorizzare la diversità come risorsa.
